Imitating Italians

Excerpts from the spring 2020 creative writing workshop "Advanced Fiction: Imitating Italians"

“Imitating Italians,” offered in the spring of 2020, was an advanced creative writing workshop cross-listed in Creative Writing and Italian. The sole text for this course was The Penguin Book of Italian Short Stories, an anthology of forty Italian authors edited by Jhumpa Lahiri. Published in 2019, the collection highlights themes of hybrid identity, linguistic plurality, and alternative voices within the twentieth-century Italian short story tradition.

In structuring this experimental course, which attracted nine students representing a wide range of academic backgrounds, we created an exclusively Italian-language precept, thereby inaugurating the teaching of creative writing in Italian at Princeton University. The four students in the precept, who were required to read short stories in the anthology in the original Italian, were in charge of closely comparing the original texts to the translations that the rest of the class members were reading. Each week, the precept students acted as ambassadors, shedding light on a series of issues arising from the metamorphosis of the stories from one language into another. They also composed and provided comments on all of their creative work in Italian.

Inherently experimental in nature, the precept afforded an entirely new and rigorous way for students to engage with the Italian language. As the students themselves observed, the course pushed them to express themselves creatively in Italian, to craft a literary voice, and to examine, on a granular level, questions of Italian syntax, grammar, and style in their own writing. At the same time, they grappled intensively with translation, a practice that has an increasingly devoted following among majors and concentrators in Italian. In fact, we found that the close study of Italian in a hands-on workshop such as this one not only drove students to be more nuanced critics of literary texts, but inspired them to undertake increasingly complex translation projects at the end of the semester and to delve more deeply into Italian literature of other time periods. The precept thereby served as an excellent preparation for advanced courses in Italian and would, ideally, increase the numbers of majors and concentrators in Italian.

The enthusiasm and efforts of our precept students impressed us deeply, and we are inspired not only to repeat this course but to build upon it in future years. For students of Italian, the combination of creative writing and a sustained focus on the reading and analysis of translation enables them to invest personally in their relationship with the language and will, we believe, complement and enrich their appreciation for the pre-established authors, methodologies, and courses that are the mainstay of the Italian major.

Below are four examples of the exciting work they produced.

 


STUDENT WORK

Il vestito del pomeriggio
by Connor Morris ’23

Era un pomeriggio da indossare tutto bianco, e noi due abbiamo ottemperato all’umore
del giorno. Siamo saliti nelle nostre giacche su per la collinetta fino al promontorio, dove il sole
traspariva alle spalle dell’erba, e l’insenatura cerulea laggiù entrava nella vista. Mentre io ci
guardavo, lei ha srotolato la coperta della scampagnata, e così, appena mi sono voltato verso di
lei, mi si è mostrato il suo vestito. Cadeva gentilmente giù, e pendeva dalle sue curve, e la seguiva un po’ dietro quando lei si volgeva per sentire di più il calore del sole calante. Aveva le maniche lunghe come una vestaglia, e una cintura, stretta ai fianchi, che le enfatizzava la forma a clessidra. Come durante quel pomeriggio sulle cime dei meli il sole gentilmente cadeva e si rifletteva nelle foglie, così brillavano le mille pieghe di quel vestito. Era qualcosa di angelico: leggero al limine dell’etereo, tutto bianco nelle pieghe, e coperto di puntini bianchi come nuvole; ma anche personale, umano, intimo: traslucido dove si stringeva e un caldo color carne traspariva. Quando lei si girava a piroetta, seduta sulla coperta, e le pieghe roteavano al seguito, a turno le pieghe del vestito impallidivano dei nuovi strati di pieghe, e arrossivano della calda pelle visibile sotto. A turno il vestito faceva sembrare la sua ragazza bellissima, vivace e gioiosa, ma anche una ninfa intoccabile, immortale, parte del pomeriggio.

 


La Moneta1
by Gabe Lebeau ’22

Come è fedele, questo reperto mobile. I colori di questa moneta – un grigio scuro e un argento lucente – portano il possessore a un tempo in cui il primo non è stato evidente. Da un lato si vede una pianta di melograno con tre fiori che indicano in direzioni diverse, e c’è una scritta sfuocata in ebraico antico. Questi fiori sbocciano da steli sottili e curvi, e si fermano, e creano un silenzio aperto e forte. Il mondo dell’antichità si rivela.

Dall’altro lato, al centro si vede una scritta che contiene due lettere in ebraico antico che corrispondono, dalla destra alla sinistra, alle lettere moderne “שג.” Questo sta per “שנה ג,” che si traduce con “Anno Tre,” il terz’anno dalla ribellione ebrea contro i romani. Tenerla in mano, questa moneta, trasporta alla distruzione del Tempio, al tempo dei romani e a trent’anni dopo la vita di Gesù. Si possono vedere le mani, le mani che l’hanno toccata nei millenni, e si possono vedere i momenti in cui era perduta nel tempo. E ciononostante, la moneta, o più precisamente, lo shekel, è rimasto lo stesso, quando era usato e anche quando era dimenticato. Nella mano dell’osservatore, si sente la sua quasi rotondità e la sua eleganza.

1Si può vedere questa moneta in Firestone e anche qui https://lib-dbserver.princeton.edu/numismatics/ con coin id#10580.

 


I pomodori impareggiabili
by Peter Scharer ’22

Mezzo pieno già di bucce steli gusci ossa semi, il contenitore di rifiuto umido era stato appena guarnito con uno strato di pomodori freschi tagliati a metà. La loro polpa scarlatta luccicava riflettendo il fulgore irregolare della plafoniera che sfarfallava di sopra. Se si fosse avvicinato al contenitore, il riflesso si sarebbe dileguato, giacché la luce era ristretta a una zona minuscola del soffitto. Dondolando la testa avanti e indietro, comunque, si riusciva a far tremare la luce nei pomodori senza farla svanire. Il sacchetto di plastica nero che ospitava quei rubini stucchevoli aveva delle pieghe lunghe che si stendevano dall’ammasso di rifiuto fino all’orlo. Negli scarti sudici che sbirciavano fra le aperture dello strato di pomodori, si trovava qua e là una buccia di arancia, ma per la maggior parte il mucchio che sosteneva i pomodori era sprovvisto di colore. Gli emisferi sfavillanti di ambrosia scarlatta, paragonati ai grumi amorfi di diosacosa, spiccavano con vigore.

Faceva veramente male osservare quei pomodori sprecati. Mentre sgocciolavano con un sapore che nessuno mai avrebbe assaggiato, un profumo putrefatto scaturiva dal contenitore in cui giacevano. Ma se si osservava da vicino, con una vista annebbiata, il cerchio rossastro nello spazio nero nero pareva quasi come Marte attraverso un cannocchiale. Così si poteva immaginare che i pomodori sarebbero rimasti fissi fra le stelle, invece di aspettare la copertura di rifiuto fresco che stava per nasconderli.

 


Io e noi
by Mika Hyman ’22

Sempre è strano ritornarvi. È strano ritornare a questa radura nel bosco, nascosta tra gli alberi che invecchiano e cambiano con il tempo. Gli alberi con la loro corteccia butterata: la corteccia con le incisioni di messaggi su cui cresce la muffa verdastra. Dove una volta era stata scritta la parola “noi,” ora una vite nasconde la “n” lasciando in vista solo la “o” e la “i.” Se negli occhi della mente ora aggiusto le lettere, ciò che rimane è io.

Da solo torno a questa radura che è cambiata, disturbata dalle impronte di un altro. Foglie spezzate e steli calpestati sono sparsi intorno al bordo di ogni piccola e leggera impronta. Cercando di adattare il mio passo al percorso impresso innanzi, sono condotto all’albero caduto. Anni fa questo albero aveva rami che si estendevano in diverse direzioni. Alcuni si allungavano verso l’alto con speranza, altri si sporgevano verso il basso, cercando il terreno sotto il quale nascondersi, seppellendosi. Adesso c’è solo un ramo che punta all’indietro.